La realizzazione di un nuovo distretto socio-sanitario in via Ulloa che sostituisca la sede di via Tommaseo è un’idea intelligente perché garantirà facilità di accesso, vista la centralità e il collegamento offerto dal trasporto pubblico (tram fra tutti), e un miglioramento della qualità dei servizi da offrire ai cittadini. Il fatto che Ulss e Comune abbiamo dichiarato unità di intenti per il raggiungimento di questo obiettivo fa sicuramente ben sperare.

Sbaglieremmo però a ridurre tutto alla semplice questione sulla dislocazione della struttura, perché essa ha senso solo se potrà ampliare i servizi sociosanitari per la cittadinanza, di cui abbiamo un forte bisogno viste anche le condizioni in cui versano molte delle persone cui questi servizi sono rivolti: l’ultimo rapporto ISTAT dice che nel nostro paese quasi 2 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà e circa 8 milioni sono a rischio. Senza contare che a causa della crisi economica 12 milioni di cittadini italiani rinunciano a curarsi.

Se questa è la drammatica fotografia che abbiamo di fronte è necessario partire dall’analisi di quali servizi sono necessari per poi progettare le strutture che li ospiteranno. Questo è stato anche il punto di partenza che ha innescato il percorso che ha portato alla realizzazione del nuovo distretto di Favaro Veneto che oggi è indicato come modello da seguire dalla stessa dirigenza dell’ULSS 3.

Tre sono i punti fondamentali che hanno portato ad avere il nuovo distretto nell’area est:

1) il ruolo assunto dal Comune di Venezia che ha ceduto gratuitamente l’area all’ULSS. Allo stesso modo oggi per realizzare il nuovo distretto di via Ulloa il Comune dovrebbe individuare le condizioni migliori per cedere il terreno dell’ex scuola Monteverdi.

2) La realizzazione del distretto di via della Soia non depauperò il resto del territorio dei propri servizi (Marcon infatti mantenne il suo presidio). Così nella zona di Chirignago dovrebbero rimanere i servizi, come il centro prelievi e il consultorio familiare, oggi collocati al Circus.

3) il progetto di Favaro trasse la sua forza dal comitato di distretto formato da ULSS, Comune, parti sociali e dai rappresentanti del territorio (allora c’erano ancora i Consigli di Quartiere). Allo stesso modo oggi va costituito un tavolo di confronto sui servizi territoriali istituzionalizzando il tavolo della riunione di venerdì 7 luglio convocata grazie alla sensibilità dei sindacati dei pensionati, cui partecipino i soggetti istituzionali e sociali direttamente interessati. Al Comune spetterebbe naturalmente il compito di promuoverlo e coordinarlo.

Infine non può essere tralasciato il fatto che realizzare la nuova sede distrettuale in via Ulloa comporterebbe una duplicazione a poche centinaia di metri di distanza rappresentato dal distretto di via Cappuccina. Per questo va pensata una sorta di integrazione fra i due poli.

Una delle carenze dell’ULSS 3 (come attesta il report annuale della scuola Sant’Anna di Pisa) è la scarsa integrazione fra ospedale e territorio, causata dall’insufficiente numero di strutture intermedie, determinanti per una sanità non ospedalocentrica e per dare primato al territorio. E quindi la sede di via Cappuccina, che ospita già tra l’altro la medicina integrata, potrebbe benissimo candidarsi ad ospitare un ospedale di comunità. Un’occasione straordinaria, per fare un salto in avanti nel livello di qualità dei servizi. E’ pronto il Comune di Venezia a sostenere questa proposta? E’ pronta l’ULSS 3 a farla propria e inserirla nella programmazione? Se le risposte non saranno positive, potremmo parlare di una grande occasione mancata per dare alla nostra popolazione un’offerta di servizi adeguata e all’altezza dei suoi bisogni.

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