Nel corso della direzione nazionale di un paio di giorni fa, Bersani ha usato due parole per definire lo stato del Partito Democratico.

La prima è PERMEABILE.
Nel senso che nel prendere la decisione su chi votare alla presidenza della Repubblica molti dei parlamentari PD non hanno retto alla pressione che veniva dall’esterno e che chiedeva loro di non votare Franco Marini nonostante questo fosse stato deciso (a maggioranza) nell’assemblea dei grandi elettori del centro sinistra.
Il maggior numero di quelli che sono stati influenzati dall’onda che stava montando fuori dal Parlamento sono da ricercarsi in quella quota di nuovi parlamentari che rappresentano circa il 70% dei gruppi di Camera e Senato: sottolineo che per me rimane un vanto la capacità che ha avuto il Partito Democratico di sapersi rinnovare, ma questa ventata di novità pone il problema di come avviene la selezione della nostra classe dirigente. Perché il problema non sta certo nella pressione che viene dall’esterno, amplificata dai social network, la questione sta invece nella capacità di autonomia e discernimento che dovrebbe stare in capo ad ogni parlamentare.

Se forse è vero che alcuni sono stati travolti dai tweet e dai post su facebook, è altrettanto importante considerare che alcuni di questi non sono proprio degli sprovveduti e che forse il voto contro Marini è stata una scelta ben ponderata guidata in particolare dai più giovani (Orfini, Civati, Renzi, Moretti,Serracchiani…). Il voto a Camere congiunte si è dunque configurato come una sorta di attacco generazionale alla classe dirigente “storica”.

Per inciso, mi soffermo sul voto a Marini perché lì c’è il dato politico sul quale riflettere, quello che è successo dopo con il voto a Prodi ha più a che fare con la miseria umana per cui non c’è molto da dire.

Il dato politico è quindi senza dubbio la scalata che i nuovi gruppi dirigenti stanno tentando.
Io sono convinto che tocchi ai quarantenni senza ombra di dubbio prendere in mano il Partito Democratico. Non si può però non porsi il problema se sia giusto utilizzare l’elezione del presidente della Repubblica per scalzare l’attuale dirigenza del Partito Democratico. Operazione fra l’altro che ha avuto come effetto collaterale quello di rendere il partito INSERVIBILE (la seconda parola usata da Bersani).

Ora, individuata la nuova classe dirigente bisogna capire come ripartire per riuscire a far tornare il PD utile a questo Paese.

Quattro cose.

Si riparte innanzitutto dalla base che, dimostrandosi ancora una volta più responsabile del livello nazionale, non vuole lasciar morire il Partito Democratico.

Serve un progetto politico che per quanto mi riguarda è ancora quello del 2007. Guardo con diffidenza alla discussione che si sta aprendo per cui c’è chi sostiene che il PD deve prendere un indirizzo socialdemocratico e chi dice che serve un progetto più marcatamente di stampo liberare. Per me il PD è e deve continuare ad essere la casa di tutti i riformisti.

Chiarezza sulle regole e su come si sta assieme. Sono convinto che non sempre si possa decidere a maggioranza e che di fronte al voto su Marini in assemblea dei grandi elettori (visto il gran numero di contrari e astenuti) forse sarebbe stato il caso di fermarsi. Però è anche vero che alla fine le decisioni vanno prese e che da sempre all’interno di un partito esiste una maggioranza ed esiste una minoranza. Ad esempio, qualcosa mi dice che i “quarantenni” al prossimo congresso non si presenteranno tutti sotto la stessa “bandiera”. Per cui il problema di come si prendono e si rispettano le linee politiche si porrà nuovamente. Se le posizioni prese saranno poi disattese da chi non le ha “votate” allora non avremo più un partito ma solo, come ha detto Bersani, uno spazio politico dove si può anche discutere ma dopo ognuno farà quel che vuole.

Infine va recuperata la solidarietà e il rispetto che sempre dovrebbe esserci in una comunità di uomini e donne che condividono gli stessi ideali. Lo dico perché è ormai troppo tempo che sento e leggo cose nei confronti di nostri dirigenti, sia locali che nazionali, che io non direi nemmeno al peggiore dei miei avversari politici. Senza rispetto si fa molta fatica a stare assieme.

Un’ultima riflessione.

Tra un po’ il parlamento voterà la fiducia al governo Letta che sarà sostenuto anche dal PDL. Molti errori sono stati fatti se siamo arrivati a questo punto ma alcuni di questi sono stati indotti anche dal nostro (anche mio) antiberlusconismo che abbiamo anteposto al progetto politico e al bene del paese e che alla fine ci ha portato in braccio a Berlusconi.
Oggi è il 25 aprile ed è tutto il giorno che mi chiedo cosa sarebbe successo se all’epoca comunisti, socialisti e democristiani avessero anteposto alla scelta di combattere uniti per la libertà e poi di scrivere assieme la nostra carta costituzionale le loro diverse visioni politiche. E non parliamo di semplici differenze ma di concezioni completamente diverse del mondo eppure …W il 25 Aprile, W l’Italia.

2 pensiero su “PERMEABILI E INSERVIBILI”

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