I sistemi democratici, per come li abbiamo conosciuti fino ad oggi, hanno tra le loro caratteristiche peculiari la presenza di corpi intermedi e tra questi in particolare i partiti politici. L’attività di questi ultimi ha contraddistinto la società moderna ed è sempre stata uno degli indicatori della qualità della democrazia. Valter Vanni, in uno dei suoi libri, sintetizzava in questo modo la funzione che spetta ai partiti: «chi non è ricco di famiglia e chi non possiede capacità e talento individuale al di sopra della media, cioè la stragrande maggioranza della popolazione, per contare nella società, per far valere i propri interessi e per difendere i propri diritti ha bisogno di organizzarsi in un partito». Questo perché nella politica democratica parlamentare per l’individuo isolato è molto difficile riuscire ad esercitare una qualche influenza sulla formazione della volontà dello stato. Non è infatti un caso che i regimi antidemocratici, nel loro dispiegarsi, mirino innanzitutto all’eliminazione di tutte le forme associative.
Ormai da anni le forme di rappresentanza politica vivono una profonda crisi che rischia di compromettere lo stesso sistema democratico. Dino Costantini, docente di Ca’ Foscari, dedica l’ultimo capitolo del suo “La democrazia dei moderni” alla fase politica che stiamo vivendo, che alcuni chiamano postdemocrazia, che annovera tra le sue particolarità una nuova concezione di partito politico. Un nuovo soggetto non più strumento per raggruppare e rendere politicamente efficaci le affinità politiche dei cittadini ma diventato macchina elettorale sempre meno fondata sulla partecipazione, in ragione di una deriva sempre più plebiscitaria nella quale il cittadino-elettore è trasformato in consumatore passivo di politica, che al momento del voto «acquista» l’offerta migliore.
A tutto questo va aggiunta l’ulteriore metamorfosi a cui abbiamo assistito che ha portato i partiti politici (a destra come a sinistra) ad essere partiti personali. Le elezioni politiche del 2013 hanno confermato come il legame con il leader rappresenti un fattore decisivo nella scelta di voto tanto da far affermare nel libro “Un salto nel voto” di Ilvo Diamanti che l’insuccesso del Partito Democratico alle ultime politiche, nonostante quelle che sembravano condizioni favorevoli, sembra legarsi alle esitazioni di abbracciare fino in fondo l’impostazione leaderistica.
Il deperimento delle istituzioni rappresentative è dunque una delle caratteristiche dello svuotamento che la democrazia sta subendo a favore di questo nuovo sistema postdemocratico che rischia di coincidere con i sistemi predemocratici quando chi governava era libero di indire processi “popolari” contro i propri oppositori. È altresì vero che, come sapevano bene i greci, la democrazia non è propensa a cedere alle lusinghe dell’autoritarismo ma è molto più probabile che essa precipiti in una versione corrotta di se stessa. Una versione della democrazia nella quale il continuo indebolimento dei partiti politici, che necessiterebbero invece di una vera riforma, condurrà ad una progressiva diminuzione della sua stessa qualità.

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