Da diversi mesi sono in aumento, in Italia e in tutta Europa, gli episodi di antisemitismo, di razzismo e di intolleranza. Non è ovviamente un caso che ciò accada nello stesso periodo storico in cui in un buon numero di nazioni del vecchio continente sono al potere forze di matrice nazionalista e xenofoba. Gli atti di governo, la propaganda e il linguaggio degli esponenti di questa nuova destra non fanno altro che scatenare gli istinti peggiori e i sentimenti più bassi, alimentando la spirale di odio e rabbia che assieme rappresentano la cifra del tempo che stiamo vivendo.
In poco tempo, abbiamo visto alcuni titolari di responsabilità di governo locale e nazionale distinguersi per aver sottratto gli abiti a un clochard per gettarli nella spazzatura in nome dell’ordine e della pulizia, aver imposto ostacoli insormontabili per accedere agli asili nido o alle mense scolastiche realizzando un apartheid di fatto per i bambini figli di immigrati, aver incontrato leader apertamente neonazisti per allearsi in vista delle prossime elezioni europee.
Poi accade che uno esca di casa armato e inizi a sparare contro persone di origine africana oppure che decine di persone restino a guardare un ragazzo del Gambia che annega senza muovere un dito per soccorrerlo.
Le cose vanno chiamate con il loro nome, sempre. Per cui è sacrosanto dire che siamo di fronte a una mentalità fascista dilagante, i cui portatori mascherano parlando di politica del buon senso e di rispetto delle regole.
La storia difficilmente si ripete, quantomeno con le stesse modalità. Ma non si può essere d’accordo quando si sente qualche illustre esponente del Governo italiano affermare che il fascismo non tornerà più perché è un fenomeno destinato a rimanere confinato in una determinata epoca storica.
Il fascismo fece dell’esaltazione dell’orgoglio nazionale una delle sue ragioni d’essere, il bene dell’Italia e la difesa dei suoi sacri confini erano valori inviolabili, gli italiani venivano prima di ogni altra cosa. La retorica nazionalista non era comunque sufficiente ad alleviare le avversità subite dagli italiani e si rese necessario individuare un capro espiatorio sul quale riversare le frustrazioni di un popolo sofferente, un nemico che distogliesse l’attenzione dai veri problemi. Arrivarono così le persecuzioni nei confronti di chi era considerato “diverso”. Tutto questo non suona tremendamente attuale?
Nonostante tutto ciò sia particolarmente angosciante, viene da chiedersi perché di fronte a questi rigurgiti fascisti non vi sia di fatto alcuna reazione. Dove sono gli anticorpi che hanno contraddistinto decenni di vita repubblicana? Risponde Luciano Canfora in un’intervista di gennaio a “L’Espresso”: “Questo dipende anche dal fatto che la forza principale della sinistra italiana ha progressivamente dismesso concetti, pratiche, modi di vigilanza che facevano parte della sua tradizione… E questo segna un arretramento della coscienza pubblica. È rimasta solo l’Anpi a combattere questa deriva fascistoide, non sento analoga volontà in quel che resta della sinistra italiana”.
Molti sono i tratti distintivi che la sinistra, in Italia e non solo, ha tralasciato in questi ultimi anni. Non è dunque difficile spiegare la crisi che la sta attraversando e dalla quale si può uscire solo con il recupero di un’identità da tempo perduta. Iniziando magari col risollevare le bandiere dell’antifascismo.

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