La Regione Veneto, guidata dal centrodestra, ha chiarito le sue priorità: mentre ogni giorno decine di migliaia di persone scelgono il treno per muoversi, le scelte politiche e di bilancio favoriscono le opere stradali a scapito di un servizio ferroviario degno di questo nome. Nel Veneto viaggiano oltre 178.000 persone al giorno sui treni regionali, una domanda consistente che però si scontra con un’offerta insufficiente e inaffidabile.

Il quadro che emerge è imbarazzante per chi amministra: l’offerta regionale si ferma a 747 corse giornaliere, mentre la flotta a disposizione conta 162 treni con un’età media di 13,1 anni e oltre il 27% dei convogli ha più di quindici anni; il risultato lo vediamo ogni mattina sui binari: ritardi, soppressioni e disagi per chi va a lavoro o a scuola.

A rendere ancora più chiara la scelta politica è la voce dei bilanci: nel 2023 la Regione ha destinato appena 6,32 milioni di euro all’acquisto di materiale rotabile, una somma che equivale allo 0,04% del bilancio regionale  e pone il Veneto nelle posizioni di coda rispetto alle altre regioni in termini di investimenti sul ferro. È difficile definire questa cifra diversamente da uno schiaffo alla mobilità sostenibile: investire così poco significa di fatto spingere le persone a usare l’auto, aggravando traffico e inquinamento proprio nelle aree che più avrebbero bisogno di alternative pubbliche.

Queste scelte colpiscono in modo drammatico la provincia di Venezia. Le relazioni che collegano Mestre, Marghera, la città lagunare e l’area orientale verso Portogruaro e Trieste soffrono per la scarsità di frequenze, per l’assenza di interventi infrastrutturali fondamentali e per una programmazione che non risponde alle esigenze del lavoro e della logistica portuale; non si tratta solo di disagio personale, ma di un danno economico e ambientale che pesa su famiglie, imprese e sul territorio.

Aggiungiamo poi la beffa storica del mancato avvio del progetto SFMR: dal 1988 — anno in cui venne firmato il protocollo di intesa tra Regione, Ferrovie dello Stato e Ministero dei Trasporti per l’adeguamento a standard metropolitano delle linee e dei nodi di interscambio, considerato il primo atto ufficiale dell’SFMR — sono passati 37 anni e il progetto di unire l’area metropolitana Padova-Treviso-Venezia in una rete a elevata frequenza, con orario cadenzato e relazioni veloci, è di fatto svanito; gli investimenti sono rimasti marginali e spesso limitati a operazioni di immagine piuttosto che a interventi strutturali seri.

Non sorprende che il Veneto compaia, con alcune sue tratte, nelle classifiche delle linee peggiori d’Italia: la Vicenza–Schio è citata tra le situazioni emblematiche che mettono a nudo le carenze del servizio ferroviario, condizioni che vanno affrontate con urgenza perché rappresentano il sintomo di una politica di trasporto sbagliata e miope.

Mentre si spingono e finanziano grandi opere stradali, i veri interventi capaci di migliorare la vita quotidiana delle persone — più treni, corse cadenzate, elettrificazioni e raddoppi selettivi — restano sottofinanziati. Per la provincia di Venezia serve una svolta immediata: stanziamenti veri per il rinnovo dei convogli e il revamping di quelli vetusti, un piano per aumentare le frequenze nelle ore di punta, interventi infrastrutturali mirati dove mancano elettrificazione e secondo binario e un progetto di intermodalità che colleghi efficacemente porto, aree produttive e rete ferroviaria.

Non è più accettabile che la mobilità dell’area veneziana venga trattata come un problema secondario, da tamponare con interventi estemporanei. Occorre una scelta politica netta: meno proclami e cantieri propagandistici, più investimenti reali per il trasporto pubblico locale. Chi governa la Regione deve decidere da che parte stare, se con i concessionari delle grandi opere o con le persone che ogni giorno usano il treno per lavorare, studiare e vivere.

Un pensiero su “Il Veneto abbandona i pendolari: mentre si salva la superstrada, si lascia in panne la mobilità di Venezia”
  1. Gianluca, a mio avviso devi chiarire meglio la differenza tra le competenze della Regione e quelle di Trenitalia. Altrimenti la colpa viene sempre addebitata a Trenitalia. Loris

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