A un anno dalla scomparsa di Valter Vanni può essere utile, in special modo nel corso di questa campagna elettorale, per il centro sinistra e il Partito Democratico riprendere alcune delle sue riflessioni che in larga parte si sono concentrate sul Veneto, regione con la quale deve fare i conti chiunque voglia governare.

Vanni ha provato a dare risposta a quella domanda di modernità che da sempre caratterizza una delle regioni più dinamiche e ricche del nostro Paese. Domanda da sempre inevasa anche e soprattutto da chi oramai da decenni governa questa parte della cosiddetta Terza Italia (terza in quanto caratterizzata da un modello economico alternativo ai modelli del nord-ovest e del sud Italia). La Lega Nord ha ereditato parte del consenso elettorale della Democrazia Cristiana rappresentando in questi 20 anni l’insofferenza e l’insoddisfazione di molta parte dei veneti nei confronti di uno stato che viaggia a velocità ridotta rispetto alle esigenze della nostra regione. La Lega non è però andata oltre: ha ben interpretato gli umori e i sentimenti dei settori più dinamici della società veneta ma non ha mai conseguito risultati adeguati alle aspettative che molti elettori hanno riposto nel suo governo nazionale e regionale, ed i pessimi risultati, soprattutto in tema di federalismo, lo stanno a dimostrare. Le prossime elezioni politiche rappresentano un’importante occasione per il centro sinistra e il Partito Democratico per provare non solo a dare nuova rappresentanza a queste terre ma anche per risolvere alcune questioni per far ripartire la crescita, lo sviluppo e l’occupazione nel Veneto e nel resto del Paese.

Le questioni che stanno alla base di un convinto risanamento economico sono le stesse che Vanni indicava sul finire degli anni ’90. Il centro sinistra deve farsi carico di garantire innovazione in tutti i settori della società per aiutare le piccole e medie imprese, cosa che il centro destra non ha saputo fare. A cominciare innanzitutto dall’ammodernamento della pubblica amministrazione tentando di eliminare inefficienze, sprechi e l’eccesso di burocrazia senza per questo andando a svilire i lavoratori del pubblico impiego come hanno fatto le inutili riforme Brunetta.

Deve quindi riemergere il ruolo della politica come attore che pone al centro l’equità sociale, la centralità dell’Europa, la valorizzazione delle capacità, dei meriti e dell’impegno. Il Partito Democratico deve dare concreta dimostrazione di voler procedere in questa direzione. Solo così potrà essere ancora più credibile anche agli occhi dei disillusi elettori veneti.

Oggi le condizioni economiche hanno di fatto ridimensionato la ricchezza e la dinamicità anche del ricco Nord-Est ma le questioni sul tappeto sono in larga parte le stesse che Vanni indicava diversi anni fa scrivendo in particolare che il Veneto ha bisogno di “sostituire al localismo grezzo, ottuso, rigido che oggi prevale, un nuovo localismo, colto, intelligente e flessibile”. E proprio per questo è importante anche oggi rifarsi alle analisi e alle intuizioni di Vanni.

Mettere mano a questo stato di cose potrebbe essere la chiave di volta per la ripresa che da troppo tempo tutti stiamo aspettando.

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