Il Rapporto “Consumo di suolo, dinamiche territoriali e servizi ecosistemici” – Edizione 2025 dell’ISPRA (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, SNPA) non è solo un resoconto annuale, ma una denuncia severa di un’emergenza fuori controllo. I dati del 2024 confermano che l’Italia sta procedendo in direzione opposta rispetto all’obiettivo europeo di consumo di suolo zero, registrando la perdita di suolo più alta dell’ultimo decennio.

Il 2024 si è rivelato un anno record per il consumo di suolo lordo, con quasi 84 km² di nuove superfici artificiali individuate. Il dato cruciale è il consumo netto, che supera i 78 km², il livello più alto mai registrato da quando esiste un monitoraggio sistematico. La crescita anno su anno è stata del +15-16% rispetto al 2023. Il Rapporto segnala che, al netto delle poche superfici ripristinate alla natura, la perdita di suolo si traduce in una porzione di territorio persa ogni ora corrispondente a circa 10.000 m².

A rendere il bilancio così drammatico sono in particolare le seguenti nuove cause:

  • L’impatto del fotovoltaico a terra: il rapporto evidenzia come l’espansione degli impianti fotovoltaici a terra sia stata determinante. Nel 2024 sono stati occupati 1.702 ettari per nuovi impianti, un dato quadruplicato rispetto al 2023. L’aspetto più critico è che circa l’80% di queste nuove installazioni ha sacrificato suolo agricolo di pregio. Questa dinamica crea una contropartita insostenibile: per raggiungere gli obiettivi di transizione energetica, l’Italia sta compromettendo la sua sicurezza alimentare e la sua resilienza climatica, erodendo la risorsa agricola essenziale.
  • Concentrazione e cantieri: gran parte del consumo si concentra in pochi grandi progetti (poli logistici, infrastrutture) e in cantieri che diverranno coperture permanenti. Questo fenomeno genera una frammentazione irrimediabile del territorio.

Il Veneto si conferma tra le regioni italiane con la più alta quota percentuale di suolo consumato sul totale del territorio, posizionandosi nelle prime posizioni a livello nazionale (secondo posto dietro la Lombardia), con valori che arrivano al 12%. Questo riflette un modello di sviluppo economico basato su un’urbanizzazione diffusa e frammentata, che continua a espandersi a scapito delle aree agricole e naturali.

Per quanto riguarda il Comune di Venezia, il rapporto segnala che l’aumento del consumo nel 2024 (+65 ettari rispetto al 2023), che posiziona il capoluogo al secondo posto a livello nazionale,  è fortemente influenzato da interventi su larga scala.

L’esempio emblematico è il cantiere del “Bosco dello Sport” a Tessera: il progetto e il cantiere — che complessivamente ricoprono un’area dell’ordine di 116 ettari — sono stati messi in evidenza come elemento che pesa fortemente sul bilancio comunale e spiegano buona parte dell’incremento segnalato per Venezia nel 2024. La classificazione di grandi aree destinate a progetti infrastrutturali di questo tipo come “in cantiere” le fa rientrare immediatamente nel consumo di suolo lordo e netto, alterando significativamente il dato comunale. Questo evidenzia come le decisioni politiche continuino a privilegiare nuove costruzioni e servizi su aree libere, anziché puntare in modo convinto sul recupero e la riqualificazione delle ampie aree dismesse esistenti.

La cementificazione lungo la fascia costiera e nelle aree di pianura del Veneto acutizza il problema dell’impermeabilizzazione, peggiorando il rischio idrogeologico in un territorio già fragile e storicamente esposto ad allagamenti.

Il Rapporto ISPRA 2025 è un appello urgente a superare l’inerzia normativa che ha permesso questo record negativo. Le conclusioni operative sono chiare:

  1. Moratoria sul fotovoltaico a terra: è indispensabile introdurre vincoli perentori che vietino l’installazione di grandi impianti fotovoltaici sui suoli agricoli di pregio, deviando l’investimento verso il recupero di aree già artificializzate, cave dismesse, tetti industriali o il vero agrivoltaico integrato.
  2. Priorità assoluta alla rigenerazione: gli strumenti urbanistici devono dare la massima priorità al recupero delle aree dismesse e alla densificazione dell’esistente, prima di autorizzare la benché minima nuova costruzione su suolo naturale.
  3. Strumenti economici e compensazione: introdurre una fiscalità che penalizzi la nuova impermeabilizzazione e agevoli il riuso. Qualsiasi nuovo consumo deve essere accompagnato da un obbligo di compensazione reale e verificabile (come progetti di de-impermeabilizzazione in aree terze), e non da semplici “paesaggi compensativi”.

Se il Paese e il Veneto non adotteranno misure legislative e strumenti di pianificazione territoriale vincolanti che traducano il monitoraggio ISPRA in “no-go zone” effettive, la perdita del suolo fertile continuerà a minacciare irreversibilmente l’ambiente, l’economia agricola e la sicurezza delle comunità.


A proposito di conseguenze dovute alla impermeabilizzazione oggi c’è stata la commissione urbanistica del Comune di Venezia che ha discusso degli allagamenti avvenuti a Mestre a seguito della precipitazione atmosferica del 21 agosto. Qui sotto il mio intervento:

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