Il paradosso abitativo che pesa sul Veneto è ormai una realtà concreta. In una regione che continua a essere uno dei motori economici del Paese si trova un massiccio patrimonio immobiliare inutilizzato accanto a una domanda crescente di alloggi accessibili per chi lavora, per i ragazzi che iniziano a cercare autonomia e per i lavoratori stagionali che sostengono settori strategici come il turismo e i servizi. I dati raccontano che una quota significativa di abitazioni non è occupata stabilmente, mentre negli ultimi dieci anni il numero di unità abitative è aumentato e la popolazione residente è diminuita, generando uno stock di immobili che non risponde alle necessità del mercato del lavoro e della vita quotidiana.
La mappa delle abitazioni non permanentemente occupate mostra una distribuzione disomogenea sul territorio. Le aree montane e alcune località di villeggiatura registrano percentuali molto elevate di seconde case e di unità usate in modo saltuario, ma anche aree urbane subiscono la pressione dell’uso turistico e delle locazioni brevi che sottraggono alloggi al mercato residenziale. Il caso di Venezia è emblematico: la sua specificità insulare e la spinta del turismo hanno contribuito a svuotare il mercato per chi vorrebbe vivere e lavorare in città, rendendo la vita dei residenti sempre più difficile.
Le ragioni che mantengono questo paradosso sono complesse e intrecciate. Molti immobili non corrispondono alla domanda effettiva perché sono pensati come seconde case, sono troppo grandi o richiedono investimenti importanti per l’adeguamento energetico e strutturale. La locazione breve si rivela spesso più redditizia per i proprietari rispetto a contratti a lungo termine a canone concordato. A questi fattori si aggiungono oneri burocratici e incertezze normative che scoraggiano chi potrebbe mettere a disposizione un’abitazione per il mercato residenziale. A questo va aggiunto il timore della morosità aggravato dal fatto che il governo Meloni in questi anni non ha stanziato fondi specifici per il fondo per la morosità incolpevole. In più l’offerta pubblica e sociale di alloggi in affitto a canone sostenibile resta limitata e non riesce a compensare le distorsioni del mercato privato.
Su questo scenario pesa una responsabilità istituzionale che richiede di essere richiamata con chiarezza. Regione Veneto e ATER non hanno finora attivato con sufficiente tempestività e determinazione gli strumenti necessari per convertire il patrimonio immobiliare inattivo in una risorsa abitativa per i lavoratori e i giovani. Le iniziative sono state frammentarie e largamente insufficienti rispetto all’entità del problema. Mancano mappature operative aggiornate che incrocino dati catastali, anagrafe e strumenti di monitoraggio delle locazioni brevi, mancano incentivi fiscali adeguati a rendere conveniente la riqualificazione e l’affitto a canone sociale e mancano progetti che possano attrarre investimenti pubblici e privati in forma coordinata.
Il vuoto di politiche efficaci produce effetti concreti sull’economia e sulla coesione sociale. Le imprese incontrano difficoltà a reperire personale quando non possono offrire soluzioni abitative sostenibili, le giovani generazioni sono spinte a cercare opportunità altrove o a restare in condizioni di precarietà abitativa, le aree interne e periferiche continuano a spopolarsi con il conseguente indebolimento dei servizi e del tessuto sociale. Il mercato immobiliare nelle zone più richieste subisce una pressione al rialzo dei canoni che penalizza chi lavora e chi non dispone di risorse elevate.
La trasformazione del patrimonio vuoto in risorsa abitativa richiede scelte di politica pubblica chiare e misure rapidamente attuabili. Serve un censimento aggiornato e operativo degli immobili non utilizzati, strumenti fiscali e finanziari volti a sostenere la ristrutturazione e la messa a reddito degli alloggi a canone accessibile, la promozione di progetti a lungo termine in partenariato con il privato e la semplificazione delle procedure amministrative per il cambio di destinazione d’uso. Occorre inoltre prevedere garanzie che tutelino i proprietari contro il rischio di morosità e campagne di informazione che promuovano la convenienza sociale ed economica della locazione a lungo termine.
Fino a quando Regione e ATER continueranno a procedere con interventi parziali e interlocutori, il Veneto perderà un’occasione doppia: la possibilità di offrire una risposta abitativa a chi lavora e di rafforzare la competitività del sistema produttivo, e la possibilità di restituire valore sociale agli immobili inutilizzati. Una strategia coordinata e finanziata con coraggio può invertire la rotta, riconvertire i vuoti in case per chi lavora e costruire un mercato dell’affitto che metta insieme sviluppo economico e coesione sociale. La “nuova” regione dovrà avere la capacità di affrontare un tema che riguarda la vita quotidiana delle persone e la tenuta del suo modello produttivo.
