Da più di dieci anni la popolazione italiana diminuisce. Al 1° gennaio 2025 siamo scesi sotto la soglia dei 59 milioni di abitanti. Un calo costante, iniziato nel 2014, che oggi si intreccia con un invecchiamento sempre più evidente della popolazione.
Le nascite non bastano più a compensare i decessi: nel 2024 sono nati circa 370 mila bambini, con un tasso di fecondità tra i più bassi d’Europa (1,18 figli per donna). Anche se la mortalità è tornata ai livelli pre-pandemia, il saldo naturale resta fortemente negativo.
Neppure l’immigrazione riesce a colmare questo vuoto. Gli stranieri residenti sono circa 5,3 milioni (9% della popolazione), ma l’emigrazione di giovani italiani verso l’estero continua a crescere. Il risultato è una popolazione che invecchia rapidamente, con meno persone in età da lavoro e più anziani da assistere.
Le conseguenze sono profonde: carenza di forza lavoro, difficoltà a sostenere il sistema pensionistico, aumento della spesa sanitaria e assistenziale. Servono politiche coraggiose per sostenere le famiglie, favorire la natalità, attrarre giovani competenze e integrare chi sceglie di vivere e lavorare nel nostro Paese.
Anche il Veneto segue questa traiettoria. Con poco meno di 4,9 milioni di abitanti, la regione mostra segni di decrescita e un indice di vecchiaia elevatissimo: in alcune aree si contano oltre 200 anziani ogni 100 giovani.
La presenza di cittadini stranieri (oltre mezzo milione, circa il 10% della popolazione) ha finora mitigato il calo naturale, ma non basta a invertire la tendenza. Senza un rafforzamento dei servizi per le famiglie e una strategia di attrazione di giovani lavoratori, il rischio è una progressiva perdita di vitalità economica e sociale.
Nei piccoli comuni la denatalità e lo spopolamento mettono in crisi scuole, servizi sanitari e attività locali. Nelle città, invece, si concentrano problemi diversi: costo della vita, precarietà abitativa, difficoltà di conciliare lavoro e famiglia.
Il caso di Venezia è emblematico. Dai circa 270 mila residenti del 2010 si è scesi a poco più di 251 mila alla fine del 2024. In quindici anni, il Comune ha perso quasi 20 mila abitanti.
Il fenomeno è particolarmente evidente nella città storica e le cause sono note: il turismo di massa e la crescita degli affitti brevi hanno reso difficile per le famiglie trovare casa. Molti giovani scelgono di trasferirsi in terraferma, lasciando vuoti quartieri e scuole.
Per invertire la rotta servono politiche abitative mirate, incentivi per le giovani coppie, una gestione più equilibrata del turismo e nuovi servizi che rendano Venezia di nuovo vivibile per chi vuole restarci o tornare.
È una questione che riguarda tutti: scuola, sanità, lavoro, welfare e sviluppo economico. Meno bambini significano meno scuole, meno insegnanti, meno energie nuove. Più anziani significano più bisogno di cure, assistenza, strutture territoriali. È una spirale che, se non invertita, cambierà profondamente il volto dell’Italia e del Veneto nei prossimi vent’anni.
Investire sulla natalità, sulla qualità della vita e sull’integrazione non è solo una scelta sociale, ma una condizione per garantire coesione e sviluppo. L’Italia, il Veneto e Venezia devono tornare a essere terre in cui vale la pena restare e dove mettere al mondo un figlio rappresenti di nuovo una speranza, non un rischio. Rimettere al centro le persone, le famiglie e la qualità della vita è il solo modo per dare un futuro alla nostra Regione.
